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Channel: Carlo D'Angiò, Autore presso Carlo D'Angio
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La crescita, la prospettiva e il percorso

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La crescita. Per molti è una leggenda. Qualcosa di piacevole in ragione della quale varrebbe la pena di organizzare ogni sforzo e ogni relazione di vita.

In teoria, lo schema è facile: se lavoro di più, guadagno di più. E se guadagno di più mi posso concedere uno stile di vita migliore. A quel punto, la crescita esplica i suoi effetti. E a me non resta che goderne i benefici.

Dovrebbe essere così. O quantomeno è questa l’immagine di chi osserva la crescita dal basso, prima di inerpicarsi lungo il sentiero che porta in cima. Eppure, c’è qualcosa che sfugge da quella prospettiva, qualcosa che solo durante la scalata, a una certa altitudine, comincia ad apparire allo sguardo.

La crescita non è un punto d’arrivo, ma una start up permanente!
Quello che sto cercando di dire (ben consapevole di essermi lanciato in una dissertazione difficile) è che la crescita non è banalmente un risultato o un punto d’arrivo, ma una riprogrammazione continua e talvolta articolata della realtà che ci circonda. È una start up permanente, una sorta di gioco fatto a livelli, dove ciascun traguardo diventa, al tempo stesso in cui viene raggiunto, il nuovo punto di partenza per i successivi livelli.

Cerco di essere più diretto e semplice: se guadagni 2 mila euro al mese, non potrai mai guadagnarne il doppio in modo stabile e continuativo, se prima non fai le stesse cose, non produci lo stesso sforzo e non crei lo stesso network di chi invece ne guadagna 4 mila. Allo stesso modo, chi ne guadagna 4 mila dovrà riprogrammare il suo modus operandi – e riorganizzare le sue strutture – per arrivare a 8 mila (e conservarne il risultato).

La crescita, dunque, non è il risultato, ma ciò che intercorre tra un risultato e l’altro. È un sentiero. E non è affatto una considerazione banale, specie se teniamo conto dell’enorme scarto che esiste tra quelli che ci provano e quelli che ci riescono.

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Il rapporto tra chi può realmente raccontare la sua piccola o grande storia di successo e chi invece rimane fermo al punto di partenza è decisamente squilibrato
Anthony Robbins, T. Harv Heker, Robert Kiyosaki, e poi ancora in Italia, Roberto Re, Alfio Bardolla, Roberto Cerè ed altri, ogni anno riempiono le sale con decine di migliaia di studenti, molti dei quali sono diventati degli autentici protagonisti di grandi storie di cambiamento. Ma il rapporto tra chi può realmente raccontare la sua piccola o grande storia di successo e chi invece rimane fermo al punto di partenza è decisamente squilibrato. Il che significa che decine di migliaia di persone ogni anno spendono soldi per qualcosa che non riescono a ottenere.

Qualcuno potrebbe sostenere che tutto questo appartiene alla naturale dinamica delle cose: c’è chi emerge e chi no. Io invece sostengo che se alle scuole elementari solo 2 bambini su 30 per ogni classe imparano a scrivere e a leggere, ci troviamo di fronte alla più catastrofica scuola pubblica di tutti i tempi. Un disastro del genere andrebbe corretto con urgenza e immediatezza.

Perché allora dovrebbe essere normale che decine di migliaia di persone ogni anno, dopo avere frequentato aule e seminari sulla crescita, tornino il giorno dopo a fare e ad avere esattamente ciò che facevano e avevano il giorno prima?

Diciamolo: qualcosa non funziona nei grandi modelli d’aula. E magari un giorno cercheremo anche di capire cosa. Ma al di là dell’aula, il problema vero è nella prospettiva della montagna da scalare. Vista dal basso – per la prima volta – offre una realtà distorta. Crea illusioni e leggende. Fa immaginare un mondo più semplice, alla nostra portata, come lo desidera il nostro old brain.

“Vorrei guadagnare 5 mila euro al mese”, espressione tipica di chi desidera raggiungere un obiettivo senza tenere conto del percorso, o anche la sua variante “magari potessi avere 5 mila euro al mese”, rappresentano una volontà formata in assenza di informazioni. Come il mio labrador, inguaribile ingordo, che divora tutto senza esitazione, salvo poi sentirsi male e imparare a sue spese che quella strana famiglia di funghi, spuntati un giorno ai piedi di un tronco d’albero selvatico, è meglio non mangiarla.

La crescita non è un risultato. La crescita è un modello. I soldi, il tempo, lo stile di vita, richiedono strutture articolate di pensiero e di informazioni proporzionate al risultato.

Un uomo che legge, studia, impara, mette in pratica, insegna, parla, crea rapporti e li protegge, scrive email e diffonde il suo messaggio… può fare 100 o 200 o anche 300. Il punto non è quello che può fare. Il punto è che per fare il doppio dovrà leggere il doppio, studiare il doppio, mettere in pratica il doppio, parlare il doppio e così via. Dovrà strutturare il suo modello, organizzarlo con intelligenza, e fare in modo che la crescita, quando arriva, non sia devastante come un biglietto della lotteria, ma sappia essere la naturale conseguenza di un percorso programmato.

Arrivare in cima è affascinante. Ma il percorso può essere insidioso e irto. Servono strategie di adattamento e salvataggio. Servono mappe e scorciatoie. E a volte anche giri più lunghi per aggirare il frascume e tenersi alla larga dai pericoli.

Servono attrezzature, equipaggiamento, strumenti di orientamento e a volte anche qualche compagno di percorso. Serve persino un piano tattico per la discesa, perché se cadi all’improvviso puoi farti davvero molto male.

La crescita non è un risultato. È un percorso serio e impegnativo. Con la giusta prospettiva puoi affrontarlo con successo.


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